venerdì 11 novembre 2011

Equilibrium


La vicenda ambientata a Libria, una specie di città-stato di un futuro postatomico, posta sotto il regime di un carismatico e misterioso dittatore, Il Padre. Dopo uno spaventoso conflitto nucleare che ha quasi spazzato via la razza umana dal pianeta, i pochi superstiti hanno deciso di creare un nuovo ordine e sradicare la guerra partendo dalle sue basi, cancellando dall'essere umano l'aggressività e gli istinti ad essa collegati; vale a dire, in sostanza, le emozioni. Ogni cittadino tenuto per legge ad assumere quotidianamente una droga, il Prozium che inibisce le emozioni. I ricordi della civiltà del passato sono ugualmente vietati: libri, vecchi dischi o semplici giocattoli, se scoperti, devono essere immediatamente bruciati, e il loro semplice possesso può costare la pena capitale.

La nave dei folli

di Ted Kaczynski

C’era una volta una nave il cui capitano e marinai divennero così fieri della propria maestria, così pieni di hybris e così fieri di se stessi che impazzirono. Girarono la nave verso nord e navigarono fino ad incontrare iceberg e pericolose correnti e continuarono a navigare a nord verso acque via via più perigliose, solamente per godere della possibilità d’eseguire atti di navigazione sempre più brillanti.
Mentre la nave raggiungeva latitudini via via più alte i passeggeri e i marinai divennero progressivamente nervosi. Iniziarono a bisticciare tra loro e a lamentarsi delle proprie condizioni di vita.
“Dio mi fulmini se questo non è il peggior viaggio che ho mai fatto!” esclamò un vecchio marinaio. “La coperta è lucida di ghiaccio; quando sono di vedetta il vento mi taglia il giaccone come un coltello; ogni volta che cazzo la randa per poco non mi congelo le dita; e per tutto quello che ci guadagno sono cinque miseri scellini al mese!”.
“Pensi che ti vada male!” disse una passeggera. “Io non riesco a dormire la notte per il freddo. Le donne a bordo non ricevono tante coperte quanto gli uomini. Non è giusto!”
Un marinaio messicano li interruppe: “Chingado! Io ricevo solo la metà dei soldi dei marinai inglesi. Abbiamo bisogno di molto cibo per tenerci caldi in questo clima e io continuo a non ricevere la mia parte; gli inglesi ne hanno di più. E la cosa peggiore è che i marinai continuano a darmi ordini in inglese invece che in spagnolo”.
“Io avrei più motivi di tutti per lamentarmi”, disse un nativo americano. “Se i visipallidi non mi avessero privato delle mie terre ancestrali non mi troverei nemmeno su questa nave, qua tra gli iceberg e i venti polari. Starei vogando su una canoa su un bel lago placido. Ho diritto ad un indennizzo. Per lo meno il capitano dovrebbe concedermi di allestire del gioco d’azzardo in modo che possa guadagnare qualcosa”.
L’omosessuale si fece avanti: “Ieri il capo marinaio mi ha chiamato “frocetto” perché succhio cazzi. Ho il diritto di succhiare cazzi senza essere insultato!
“Non sono solo gli umani ad essere maltrattati su questa nave”, evidenziò un amante degli animali tra i passeggeri, la voce tremante per l’indignazione. “La settimana scorsa ho visto un mozzo calciare ben due volte il cane della nave!”
Uno dei passeggeri era un professore universitario. Fregandosi le mani esclamò: “Ma tutto questo è terribile! E’ immorale! Razzismo, sessismo, specismo, omofobia e sfruttamento della classe proletaria! E’ discriminatorio! Dobbiamo ottenere giustizia sociale. Equi diritti per il marinaio messicano, salari più alti per tutti i marinai, un indennizzo per l’indiano, eque coperte per le signore, un diritto garantito di succhiare cazzi e niente più calci al cane!”
“Si, si!” urlano i passeggeri e i marinai. “E’ discriminazione! Dobbiamo affermare i nostri diritti!”
Un mozzo si schiarì la voce: “Ahem. Avete tutti buone ragioni per protestare. Ma mi sembra che ciò che dobbiamo davvero fare sia girare la nave e puntare a sud, perché se continuiamo verso nord prima o poi naufragheremo sicuramente e allora i vostri salari, le vostre coperte, e il tuo diritto a succhiare cazzi saranno inutili, perché annegheremo tutti”.

Ma nessuno lo degnò d’attenzione, perché era solo un mozzo.

Il capitano e gli ufficiali, dalla loro stazione a poppa li avevano osservati ed ascoltati. Ora sorrisero tra loro e ad un gesto del capitano l’ufficiale in seconda scese dalla coperta a poppa, passò dove erano riuniti i passeggeri e i marinai e si fece largo in mezzo a loro. Assunse un’espressione serissima in volto e disse: “Noi ufficiali dobbiamo ammettere che sulla nave sono accadute cose davvero imperdonabili. Non c’eravamo resi conto di quanto brutta fosse la situazione prima di sentire le vostre proteste. Noi siamo uomini di buona volontà e vogliamo comportarci in modo corretto. Ma, ehm, il capitano è un uomo piuttosto conservatore e probabilmente dovrà essere spronato un po’ prima che apporti cambiamenti significativi. La mia opinione personale è che se voi protestate vigorosamente – ma sempre in modo pacifico e senza violare le regole della nave – riuscirete a smuovere il capitano e a costringerlo a risolvere i problemi di cui vi lamentate così giustamente.”
Detto questo, l’ufficiale in seconda tornò sotto coperta a poppa. Mentre se ne andava i passeggeri gli urlavano dietro: “Moderato!Riformista! Liberale! Lecchino del capitano!”. Ma nonostante questo fecero quello che aveva detto loro. Si riunirono in un gruppo a poppa e si misero ad urlare insulti agli ufficiali e ad affermare i propri diritti: “Io voglio un salario più alto e migliori condizioni di lavoro”, urlò l’abile marinaio. “Eguali coperte per le donne!” urlò la passeggera. “Voglio ricevere i miei ordini in spagnolo”, urlò il marinaio messicano. “Voglio il diritto d’organizzare giochi d’azzardo” urlò il marinaio indiano. “Non voglio essere chiamato frocetto!” urlò l’omosessuale. “Basta calciare il cane!” urlò l’amante degli animali. “Rivoluzione ora!” urlò il professore.

Il capitano e gli ufficiali si riunirono e confabularono per diversi minuti, ammiccando, accennando e sorridendo gli uni agli altri per un certo tempo. Quindi il capitano uscì a poppa e con grande benevolenza annunciò che il salario dell’abile marinaio sarebbe stato aumentato a sei scellini al mese; il salario del marinaio messicano sarebbe stato incrementato a 2/3 di quello degli inglesi e che gli ordini di cazzare la randa gli sarebbero stati dati in spagnolo; la passeggera avrebbe ricevuto una coperta in più; al marinaio indiano sarebbe stato permesso di organizzare giochi d’azzardo la domenica sera; l’omosessuale non sarebbe stato più chiamato frocetto purchè succhiasse cazzi privatamente; e il cane non sarebbe stato calciato a meno che non avesse commesso qualcosa di davvero cattivo come rubare del cibo.
I passeggeri e i marinai celebrarono queste concessioni come grandi vittorie, ma la mattina dopo si sentivano nuovamente insoddisfatti.
“Sei scellini al mese sono una miseria e continuo a gelarmi le mani quando cazzo la randa” si lamentò l’abile marinaio. “Continuo a non ricevere lo stesso salario dei marinai inglesi e cibo insufficiente in questo clima” disse il marinaio messicano. “Noi donne non abbiamo ancora abbastanza coperte per tenerci al caldo” disse la passeggera. Gli altri passeggeri e marinai espressero simili lamentele e il professore continuò a spronarli.

Quando ebbero finito il mozzo si fece avanti – a voce più alta questa volta in modo tale che gli altri non potessero facilmente ignorarlo: “E’ davvero terribile che il cane venga calciato per aver rubato un po’ di pane e che le donne non abbiano abbastanza coperte e che l’abile marinaio si congeli le dita e non vedo perché gli omosessuali non dovrebbero succhiare cazzi se ne hanno voglia. Ma guardate che grossi che sono gli iceberg adesso e come il vento soffia forte! Dobbiamo girare la nave verso sud, perché se continuiamo verso nord naufragheremo e annegheremo.”

“Già”, disse l’omosessuale, “è terribile che continuiamo a dirigerci a nord. Ma perché dovrei continuare a succhiare cazzi di nascosto? Perché devo essere chiamato frocetto? Non valgo come tutti gli altri?”
“Navigare a nord è una cosa terribile”, disse la passeggera, “ma non vedi? Questa è proprio la ragione perché le donne hanno bisogno di più coperte per scaldarsi. Esigo un numero equo di coperte per le donne ora!”
“E’ verissimo”, disse il professore, “che navigare a nord è causa di grandi difficoltà per noi tutti. Ma dirigere la rotta a sud non sarebbe realistico. Non si possono portare le lancette indietro. Dobbiamo trovare un modo maturo per affrontare la situazione”.
“Guardate,” disse il mozzo, “se lasciamo mano libera a quei pazzi a poppa affogheremo tutti. Se riusciremo a salvare la nave, allora potremo preoccuparci delle condizioni di lavoro, delle coperte per le donne e del diritto di succhiare cazzi. Ma prima dobbiamo girare il vascello. Se alcuni di noi si uniscono, elaborano un piano e si fanno coraggio riusciremo a salvarci. Non ci vorrebbero molti di noi – sei o otto basterebbero. Potremo assaltare la poppa, rovesciare quei folli fuori bordo e girare la nave verso sud.”

Il professore alzò il naso e disse in modo gravoso: “Io non credo alla violenza. E’ immorale”. “L’uso della violenza è sempre poco etico” disse l’omosessuale. “Sono terrorizzato della violenza” disse la passeggera.

Il capitano e gli ufficiali avevano osservato ed ascoltato il tutto. Ad un segnale del capitano l’ufficiale in seconda uscì da sottocoperta e passò tra i passeggeri e i marinai, dicendo loro che c’erano ancora molti problemi sulla nave: “Abbiamo fatto molti progressi”, disse, “ma molto resta ancora da fare. Le condizioni di lavoro dell’abile marinaio sono ancora dure, il messicano non sta ancora ricevendo lo stesso salario degli inglesi, le donne non hanno ancora tante coperte quanto gli uomini, il gioco d’azzardo domenicale dell’indiano sono un indennizzo risibile per la perdita delle sue terre ancestrali, è ingiusto che l’omosessuale debba succhiare cazzi di nascosto e che il cane a volte venga ancora calciato. Penso che il capitano debba essere spronato nuovamente. Aiuterebbe se tutti voi organizzaste un’altre protesta – purchè non violenta”.
Mentre l’ufficiale in seconda camminava verso poppa i passeggeri e i marinai si misero ad urlargli insulti, ma ciononostante fecero quello che aveva detto loro e si riunirono davanti alla cabina per un’altra protesta. Schiamazzarono, minacciarono e mostrarono i pugni e addirittura tirarono un uovo al capitano (che lo schivò abilmente).
Dopo aver sentito le loro proteste il capitano e gli ufficiali si riunirono per un’assemblea, durante la quale sogghignarono e ammiccarono gli uni agli altri. Quindi il capitano scese a poppa ed annunciò che l’abile marinaio avrebbe ricevuto guanti per tenere le mani al caldo, che il marinaio messicano avrebbe ricevuto un salario il ¾ quello degli inglesi, che le donne avrebbero ricevuto un’ulteriore coperta, che il marinaio indiano avrebbe organizzato giochi d’azzardo il sabato e la domenica sera, che all’omosessuale sarebbe stato permesso di succhiare cazzi pubblicamente con il buio e che nessuno sarebbe stato autorizzato a calciare il cane senza previa autorizzazione del capitano.
I passeggeri e i marinai furono entusiasti per questa grande vittoria rivoluzionaria, ma la mattina dopo tornarono nuovamente a sentirsi insoddisfatti e iniziarono a lamentarsi dei vecchi problemi.
Questa volta il mozzo iniziava ad arrabbiarsi: “Maledetti idioti!”, urlava, “Non vedete quello che il capitano e gli ufficiali stanno facendo? Vi stanno tenendo occupati con le vostre triviali preoccupazioni riguardo a coperte, salari e i calci al cane in modo che non vi concentriate sul vero problema della nave – che si sta dirigendo sempre più a nord e che annegheremo. Se solamente alcuni di voi rinvenissero e si unissero e assaltassero la cabina potremo girare la nave e salvarci. Ma non fate che lamentarvi di inutili dettagli come le condizioni di lavoro e giochi d’azzardo e il diritto a succhiare cazzi”.

I passeggeri e i marinai s’infuriarono: “Inutili!”, urlò il messicano, “Pensi sia una cosa ragionevole che io riceva un salario che è ¾ di quello degli inglesi? Questo è irrilevante?”
“Come puoi definire i miei problemi triviali?”, urlò l’omosessuale, “Non capisci quanto sia umiliante sentirsi chiamare frocetto?”
“Calciare il cane non è un “inutile dettaglio”!”, urlò l’amante degli animali, “è brutale e crudele!”.
“D’accordo allora”, rispose il mozzo. “Questi problemi non sono inutili o triviali. E’ crudele e brutale calciare il cane ed è umiliante essere chiamato “frocetto”. Ma se paragonato al vero problema – il fatto che la nave è ancora diretta a nord – i vostri problemi sono cosucce triviali, perché se non giriamo la nave in tempo annegheremo tutti.

“Fascista!” urlò il professore.

“Controrivoluzionario!” urlò la passeggera. E tutti i passeggeri e i marinai, uno dopo l’altro, si misero a chiamare il mozzo “fascista” e “controrivoluzionario”. Lo spinsero via e tornarono a lamentarsi dei salari, delle coperte per le donne, del diritto di succhiare cazzi e del modo in cui il cane veniva trattato. La nave continuò a dirigersi a nord e dopo un po’ fu schiacciata tra due iceberg e tutti annegarono.

giovedì 20 ottobre 2011

Qualcosa a proposito della distruzione

La distruzione si caratterizza come un dogma anti-dogmatico, un sistema anti-sistema, una religione anti-religiosa, un idea priva di qualsiasi idea. La distruzione trasforma l'arte in spazzatura e viceversa. La distruzione riconosce i detentori del potere e si pone ad essi. La distruzione vi libererà dal lavoro. La distruzione cerca di ignorare il cibo come nutrimento, ma lo abbraccia come arma. La distruzione è spasmodica, urina, lancia farina, urla, striscia e ribalta i tavoli. La distruzione pugnala, calcia, tira pugni, dipinge, scolpisce e fotte. La distruzione può o non può diventare tutto ciò che odia. La distruzione dev'essere eseguita a terra in modo da essere correttamente considerata tale. La distruzione accetta gli errori (inclusi falsità e silenzio) e abbraccia il modo in cui essi mutano positivamente le realtà del passato. La distruzione presuppone che chiunque sia al potere debba subire una qualche forma di umiliazione. La distruzione nega pubblicamente qualsiasi coinvolgimento in attività illegali. La distruzione eseguirebbe tutta la musica trasformandola in effetto. La distruzione è più miele e meno soldi. La distruzione è più sentire e meno pensare. La distruzione cerca di fare tutto ciò che è brutto, bello (o per lo meno interessante). La distruzione cerca di sostituire l'unità familiare con cumuli di biancheria sporca. La distruzione deve distruggere tutti i centri turistici. La distruzione accetta che il "rumore" è la scala infinitesimale tra le note. La distruzione realizza che le funzioni corporee possono essere efficacemente utilizzate come insulti. La distruzione si deve sempre abbattere al fine di dimostrare la sua esistenza. Niente è così estremo da non poter essere immediatamente realizzato attraverso la distruzione. La distruzione finirà per distruggere tutta l'arte rendendola una comodità. La distruzione cerca di annullare tutte le strutture della società. La distruzione cerca di non imparare lingue straniere, crea invece nuove parole. Alla distruzione piace che il "grande successo" (smash hit) suoni come "distruggilo" (smash it). La distruzione cerca di inventare nuove fissazioni. La distruzione vuole distruggere il concetto vecchio e stanco di procreazione. Alla distruzione piace l'odore del sudore. La distruzione deve vestire per infastidire la popolazione affinché essa segua le sue orme... e rimanga nuda. La distruzione accetta tutti i tipi di musica ma non può suonarne qualunque. La distruzione è morta sul nascere.

-Guyana Punch Line-

domenica 16 ottobre 2011

Draghi e Draghetti

da Asocial Network

Le manifestazioni e le rivolte, certi signori e certe signore, le vorrebbero esclusivamente come vogliono loro. "Pacifiche", "legali", "colorate e festose"; e mi verrebbe da dire (e lo dico!) che i "colori" che preferiscono sono quelli del governatore Draghi. Tutti dei piccoli Draghetti, che appunto come il famoso personaggio dei cartoni animati, hanno un'unica, profonda aspirazione: quella di fare il pompiere. Guai a usare troppo fuoco, perché il fuoco ha una caratteristica che non riescono proprio a capire: brucia. E se il fuoco si mette a bruciare, si hanno delle alluvioni di dispiacere, come appunto quello del governatore della Banca d'Italia nonché futuro capo supremo della BCE. Visto che si lamentano tanto perché la manifestazione di ieri è stata gestita male,improvvisata, non ha "saputo isolare i violenti" e non si è limitata ad essere la solita passeggiatina più o meno allegra per una città, potevano farsela organizzare e gestire direttamente da Draghi, quello che "capisce i giovani"; ho come il sospetto che parecchi ce lo avrebbero visto molto bene, tutto bello pacifico, magari accanto a Vendola e a Casarini.

Sono tipi davvero curiosi, questi "pacifisti"; sempre pronti a dire che "con la violenza non si ottiene nulla", perché in realtà la loro più grande paura è che si ottenga qualcosa; appassionati di paragoni, tipo quello con le "altre manifestazioni" tutte belline e pacificissime, quelle di New York dove i bravi manifestanti ripuliscono la piazzetta "occupata" in modo che il sindaco conceda paternamente di non spostarsi. Tutti a puntare il dito contro i "facinorosi" e i "violenti", chiedendo magari, e assai volentieri, l'aiuto della polizia. A questo punto facciano la cosa più logica: se li decidano da soli, i loro manifestanti. Poiché la data del 15 ottobre è già definita come maledetta, se le facciano da soli le loro "resistenze", si caccino i loro "governi", si patullino i loro "futuri" e le loro "mancanze di futuro". Stiano sui loro blog e sulle loro pagine Facebook a stigmatizzare e a fornire le loro ricette che hanno, fondamentalmente, lo stesso valore di quelle della Prova del cuoco; alla prova del fuoco non sanno resistere. Viene immediatamente fuori la loro natura di Grisù: draghetti fuori e pompieri dentro. Vanno alla manifestazione intitolata pomposamete Toma la calle!, ma quando qualcuno cerca di tomarsela per davvero, la calle, passano immediatamente a fare il tifo per la Polizia affinché li protegga da quei violenti che rovinano la festicciuola.

Non lo hanno capito che questa è tutt'altro che una festa, e che i loro "colori" e le loro "allegrie" sono più tristi e funeree di un due novembre di pioggia. Non hanno capito che, ai signori della crisi, una valvola di sfogo ben ordinata e rispettosa va benissimo; non per niente, fin da mesi prima della manifestazione di ieri, erano tutti a mettere le mani avanti e a implorare che non accadessero scontri e che tutto si svolgesse nella massima calma e tranquillità. Vogliono "riprendersi il futuro" nel modo che viene loro gentilmente indicato dagli stessi contro cui intenderebbero "protestare", ben attenti a non disturbarli perché sennò si intristiscono. Come diceva la vecchia canzone? E sempre allegri bisogna stare, ché il nostro piangere fa male al re. Proviamo invece a immaginare per un momento se, ieri, quelle centociquanta o duecentomila persone che c'erano se la fossero tomata sul serio, la calle. Nell'unico modo efficace in cui la strada va presa: col fuoco. Ma non avverrà. Urlavano No violenza! No violenza! mentre la tanto rassicurante polizia faceva i caroselli anche addosso a loro, e magari con la speranza nemmeno tanto segreta che qualche violento fosse pacificamente schiacciato o, quantomeno, messo in condizione di non nuocere. Del resto, sembra che ci abbiano pensato direttamente loro, a consegnare degli incappucciati direttamente nelle mani della Polizia: una sintesi perfetta di tutta la non violenza.

Bisogna capirli. Generalmente, per questi qui, la "soluzione alla crisi" consiste nel cambio di governo. Ma quale crisi: la manifestazione di ieri doveva essere semplicemente l'ennesima, pacifica e "non-violenta" spallata a Berlusconi. Qualcuno ha pensato bene di prenderlo alla lettera, il titolo della manifestazione: e così le cose sono diventate chiarissime. Di presenti senza uscita e di futuri senza futuro, a questi qui non importa nulla; l'importante è non dare eccessiva noia. La prossima volta, se ci sarà, si facciano organizzare e gestire direttamente da Napolitano; a prendersi la strada, o perlomeno a tentare di farlo, ci penseranno altri. Assaltare istituzioni, banche, SUV e sbirri va bene esclusivamente se avviene in Tunisia o nelle banlieues parigine o londinesi; se invece avviene a Roma in un bel pomeriggio ottobrino ecco spuntare i nuovi brigatisti, i violenti da isolare e tutti i pacifismi e le non-violenze che puzzano di morte più di un cadavere in decomposizione. E allora vi meritate Vendola. Vi meritate i piagnistei su Steve Jobs. Vi meritate Draghi. E vi meritate anche la crisi che vi spazzerà via. Provate a dirglielo a lei, di essere pacifica e non violenta!

sabato 8 ottobre 2011

Strani onnivori gli esseri umani


da laverabestia.org


Etica, compassione, empatia, rispetto, senso di giustizia, anche dopo milioni di anni, sembrano preclusi alla maggior parte degli umani.

Ma si potrebbe almeno ammettere la propria incapacità o non volontà a rinunciare al cibarsi di animali e derivati allo scopo esclusivo di compiacere il proprio palato, finendo di ripetere sempre il solito stereotipo sull' ONNIVOROCITA' DELL'ESSERE UMANO. Resta evidente che chi si barrica dietro questa affermazione, annientando in partenza ogni minimo approccio di natura etica alla questione, immagina anche di crearsi un alibi addirittura indistruttibile a giustificazione delle proprie azioni. Solo l'idea li terrorizza. Il piacere personale prima di tutto. Questa sembra essere la regola per una molteplicità di individui.

Chi si ritiene oggi fermamente un animale "onnivoro" sappia che se si è adatti anche a mangiare carne crudanon dissanguatanon resa edibile dalla frollaturanon trattata con catena del freddo e non sottoposta ad analisi veterinarie ante e post mortem, come avviene in natura, significa che si è anche immuni ed in grado di metabolizzare trichinella, salmonella, escherichia coli, toxoplasmosi, ptomaine (quali scatolo, indolo, putrescina, cadaverina, neurina), aldeide malonica, basi creatiniche, purine, ammoniaca, urea, acido urico, creatinina (anidride della creatina), acido ippurico e a tutti i parassiti e cariche batteriche presenti in essa, allo stato naturale (post mortem dell'animale). In questo caso andrebbe resa nota la notizia su scala mondiale e in tutte le testate medico scientifiche.

E poichè in questo caso saremmo gli unici "onnivori" mai apparsi sul pianeta ad avere:
  • insufficienza di acidi gastrici per disintegrare le proteine animali (10 volte meno di acido cloridrico rispetto ai reali onnivori); ad avere il sangue alcalino al 7.30-7.50, e non acido 6.0-7.0 (come nei reali onnivori);
  • gli unici esseri viventi autoproclamatesi "onnivori" ad essere PRIVI di enzima uricasi, atto a disgregare i 28 grammi di acidi urici regalati da ogni kg di proteine animali (rispetto ai reali onnivori che abbondano di tale enzima);
  • ad avere il latte materno con la stessa percentuale proteica della frutta (4-5%), e non del 15% come nel latte bovino;
  • gli unici nella storia del mondo ad esseri dotati di un sistema gastrointestinale oblungo, stretto, spugnoso, pieno di curve e di risalite, la peggior cosa possibile per un pasto carneo (rispetto ai reali onnivori che hanno un intestino corto, tozzo e liscio per una rapida digestione ed espulsione delle sostanze putrescenti);
  • gli unici ad avere un sistema immunitario che accoglie i pasti carnei come nemici invasori, con pesanti reazioni leucocitiche, come dimostrato da Kouchakoff;
  • gli unici dotati di mandibole mobili lateralmente, tipiche del frantumatore di frutta e di semi (rispetto ai reali onnivori le quali mandibole sono fisse, adatte a strappare le carni alle vittime).

Mangiate dunque carni di animali appena uccisi per qualche tempo, invece di andare in macelleria, così come avviene in natura; masticate e strappate le carni con la vostra imponente ed aguzza dentatura. Fatelo fare anche ad un nutrizionista...

Stesso concetto per il pesce che, allo stato crudo, può essere contaminato da diversi microrganismi che provocano infezioni o tossinfezioni, come ListeriaEscherichia coliSalmonella e sopratutto il rischio maggiore per chi consuma pesce crudo è rappresentato dall'Anisakis, che causa parassitosi acuta. Dal punto di vista delle conservazione, se conservato appunto con temperature e/o in ambienti non adeguati, il rischio è quello di avvelenamenti da istamina.
In relazione a tutto ciò il pesce PER ESSERE MANGIATO CRUDO E PER RENDERLO COMMESTIBILE ALL'ESSERE UMANO, deve essere sottoposto a congelamento preventivo (tramite "abbattitore") prima della somministrazione, ovvero sottoposto a 96 ore a -15° C, o 60 ore a -20° C, o 12 ore a –30° C, o 9 ore a -40° C. E ciò è imposto anche da una circolare del ministero di sanità del 1992, ancora in vigore.

Questi fatti sono universali e non accidentali.
L'uomo appartiene fisiologicamente alla categoria dei frugivori.
L'uomo manifesta la sua "onnivorocità innaturale" solo previo dissanguamento, frollatura, conservazione, lavorazione, e soprattutto previa COTTURA degli animali che mangia. L'organismo umano non è progettato per riprodurre quanto avviene in natura tra i reali carnivori ed onnivori.

Ma abbiamo da sempre mangiato animali?
Quando nel Pleistocene, circa qualche milione di anni fa, le foreste, diventate gradualmente inospitali a causa di cambiamenti climatici, si trasformano in savane e i nostri progenitori, sprovvisti di qualunque arma naturale, adatta ad inseguire, a dilaniare e a mangiare la durissima carne cruda della preda, per sopravvivere, si adattarono a mangiare anche la carne, vivendo in questa fase di sciacallaggio, cioè dei resti degli animali predatori. 
La caccia sistematica, resa possibile dapprima con la realizzazione delle prime armi inastate da attacco, poi da rudimentali archi e frecce, ed in concomitanza con i primi usi del fuoco da parte dell'Homo Erectus, può essere ricondotta ad almeno 300.000-500.000 anni fa [Hominid Use of Fire in the Lower and Middle Pleistocene: A Review of the Evidence. James, Steven R.]; il processo di antropogenesi (processo nel quale la famiglia Hominidae si è evoluta da un progenitore comune alloscimpanzé) ebbe origine circa 5-6 milioni di anni. Fu 2,3 - 2,4 milioni di anni fa che il genere Homo si differenziò dall' AustralopithecusResta evidente che, di gran lunga, per la gran parte dell'intera sua scala temporale evolutiva, il genere Homo si alimentò esclusivamente come la natura per lui prescrisse, ovvero di animale fruttariano raccoglitore. E' solo grazie quindi ad uno sviluppo delle capacità cognitive-intellettive, maturatesi "molto tardivamente" rispetto alla sua scala temporale evolutiva, che egli riesce ad ottenere armi atte a sopperire le proprie naturali incapacità fisico-strutturali tipiche di ogni predatore sul pianeta. E altresì chiaro che se la natura lo avesse paradossalmente "creato" dipendente ed abile al consumo carneo, la sua estinsione sarebbe sopraggiunta molto, ma molto prima, dell'aver sviluppato capacità intellettive che gli consentissero la costruzione di armi che la stessa natura invece mai gli fornì.

L'uomo attuale, strettamente imparentato con gorilla, scimpanzé, gibboni e urang- tang, appartiene alla classe dei mammiferi, all'ordine dei primati, alla famiglia degli ominidi, al genere homo, alla specie homo sapiens ed ha con questi in comune il 98% circa del patrimonio genetico. E' anatomicamente strutturato come questi avendo, infatti, due mani e due piedi, niente coda, occhi che guardano in avanti, ghiandole mammarie sul petto, milioni di pori sudoripari nella pelle, pollice della mano opponibile, adatto a raccogliere semi e frutti, apparato masticatorio come il nostro, canini poco sviluppati, grandi molari smussati, adatti a triturare cibi duri e, quindi, notevole spessore dello smalto, forma dei denti con cuspidi arrotondati, incisivi ben sviluppati, adatti a tagliare i frutti e i vegetali, inoltre ghiandole salivari ben sviluppate come le nostre, saliva ed urina alcalina, lingua liscia, stomaco con duodeno, l'intestino (lungo 12 volte la lunghezza del tronco) è sacculato, cioè a zone che servono alla fermentazione degli alimenti vegetali, la placenta è discoidale, il colon convoluto. Struttura anatomica generale praticamente identica alla nostra. Il fatto che questi nostri parenti siano vegetariani indica chiaramente che l'essere umano non sia stato strutturato dalla natura a mangiare la carne, e che non è, come alcuni sostengono, un animale onnivoro. L'animale onnivoro, infatti, ha 4 zampe, coda, occhi che guardano di lato, mammelle sull'addome, incisivi assai sviluppati, molari possenti, formula dentale differente dalla nostra, saliva ed urina acida, fondo dello stomaco arrotondato, canale intestinale 8 volte la lunghezza del tronco, placenta non caduca. Anche se l'essere umano, per la propria sopravvivenza nel corso della storia, si è abituato a mangiare di tutto (con le conseguenze relative), questo non vuol dire che sia predisposto ad essere onnivoro: lo è diventato per sopravvivenza, per abitudine, per tradizione, vinto dal gusto della carne cotta.

Queste parole sono rivolte a chi negli animali non-umani vede solo strumenti atti al proprio soddisfacimento e piacere, nell'incapacità di percezione del dolore e della sofferenza altrui, del rispetto alla vita individuale e di ogni minimo avvicinamento etico alla questione animale.

martedì 7 giugno 2011

Gabriel García Márquez - Cent'anni di solitudine

Da “Cent’anni di solitudine”

Josè Arcadio Buendía trascorse i lunghi mesi di pioggia chiuso in uno stanzino che aveva costruito in fondo alla casa perché nessuno turbasse i suoi esperimenti. Tralasciò completamente i propri doveri domestici, rimase nel patio per notti intere a sorvegliare il corso degli astri, e fu sul punto di contrarre un insolazione mentre cercava di stabilire un metodo esatto per trovare il mezzogiorno. Quando fu esperto nell’uso e nel maneggio dei suoi strumenti, ebbe una nozione dello spazio che gli permise di navigare per mari incogniti, di visitare territori disabitati e di allacciare rapporti con esseri splendidi, senza bisogno di lasciare il suo laboratorio. Fu in quel periodo che prese l’abitudine di parlare da solo, vagando per la casa senza badare a nessuno, mentre Ursula e i bambini si rompevano la schiena nell’orto per coltivare il banano e la malanga, la manioca e l’igname, la ahuyama e la melanzana. Improvvisamente, senza alcun preavviso, la sua febbrile attività si interruppe e fu sostituita da una specie di allucinazione.
Rimase come stregato per parecchi giorni, continuando a ripetere a se stesso a bassa voce una filza di sorprendenti congetture, incapace egli stesso di dar credito al proprio raziocinio.
Alla fine, un martedì di dicembre, verso l’ora di pranzo, esplose in un colpo solo tutta la carica del suo tormento. I bambini avrebbero ricordato per il resto della loro vita l’augusta solennità con la quale il padre si sedette a capotavola, tremante di febbre, consunto dalla veglia prolungata e dal fermento della sua immaginazione, e rivelò la sua scoperta:
«La terra è rotonda come un’arancia.»
Ursula perse la pazienza. «Se devi diventare pazzo, diventalo per tuo conto» gridò. «Ma non cercare di inculcare ai bambini le tue idee da zingaro» Josè Arcadio Buendía, impassibile, non si lasciò intimorire dalla disperazione di sua moglie, che in un accesso di collera gli spezzò l’astrolabio per terra. Ne costruì un altro, riunì nella stanzetta gli uomini del villaggio e dimostrò loro, con teorie che risultavano incomprensibili a tutti, la possibilità di tornare al punto di partenza navigando sempre verso oriente. Tutto il paese era convinto che Josè Arcadio Buendía avesse perduto il senno, quando arrivò Melquíades a mettere le cose a posto. Esaltò pubblicamente l’intelligenza di quell’uomo che per pura speculazione astronomica aveva stabilito una teoria già provata in pratica, anche se sconosciuta fino a quel momento a Macondo, e come prova della sua ammirazione gli fece un regalo che avrebbe esercitato un influsso decisivo nel futuro del villaggio: un laboratorio di alchimia.

mercoledì 18 maggio 2011

Pillola rossa

Tutt'ora le concezioni tra il vero e il reale sono molto distanti tra loro.
Basta pensare alla propria scena locale, differisce comunque in qualcosa rispetto al paese limitrofo, che si tratti di usanze o tradizioni o del rapporto tra gli abitanti.

In questo si rispecchia la realtà di chi vive le suddette situazioni, ma che ne è della verità?

La verità si può benissimo dire sia individuale, quindi basata sulle conoscenze individuali.
Di certo non è del tutto sbagliato come ragionamento, ma il fatto di avere molti aspetti in comune tra individui ci fa pensare ad una sola verità, pressoché generalizzata e volta alla convivenza.

L'uomo si è ritrovato negli anni ad accrescere sempre più nel numero e quindi nel più stretto contatto con i suoi simili, questo ha dato spazio alla realtà, oserei dire ormai sinonimo di unica verità, bloccando lo sviluppo della conoscenza individuale e basandosi piuttosto sull'apprendimento delle usanze e dei costumi che lo circondano.
L'apprendere il funzionamento della scena locale e l'entrare a farne parte sembra l'unica preoccupazione dell'individuo odierno. Che poi la scena locale si sia estesa  ad un concetto di nazione ci fa capire che la realtà sta prendendo sempre più il controllo sulla verità individuale.

L'individuo è ormai sostituito da un'identità nazionale, da troppe tradizioni spesso in contrasto tra loro e sempre più spesso considerate di vitale importanza per la loro continuità, come se si fossero sostituite al modello umano.

La realtà estrema attuale volgendosi in idealismo, oscura l'unica e sola verità che si ritrova nelle origini umane ormai date per scontato, per fare spazio a "giochi di gruppo" diventati sempre più catastrofici per l'intero ecosistema.
L'individualismo è ormai sostituito da un infinità di numeri e codici volti a farci esistere al di fuori della nostra natura di uomini, facendoci sprofondare sempre più in una amara realtà che ormai sta vagando nelle menti dell'intero pianeta.

Abbiamo perso la nostra umanità nel cercare di migliorarla.

venerdì 8 aprile 2011

Quello che piace ai pesci

« Zhuangzi e Huizi stavano passeggiando nei pressi della cascata di Hao quando Zhuangzi disse:
"Osserva come i pesci saltellano sull'acqua e poi si rituffano. Questo è ciò che ai pesci piace realmente!"
Huizi disse, "Tu non sei un pesce — come puoi sapere quello che piace ai pesci?"
Zhuangzi replicò, "Tu non sei me, quindi, come puoi sapere che io non so cosa piace ai pesci?"
Huizi, "Non sono te, e per questo non so di certo cosa tu sai.
D'altro canto, tu di certo non sei un pesce — quindi, questo prova che tu non sai cosa piace ai pesci!"
Zhuangzi disse, "Torniamo alla domanda originale, per favore.
Tu mi hai chiesto come so cosa piace ai pesci — quindi, tu già sapevi che lo sapevo quando mi hai posto quella domanda.
Io lo sapevo semplicemente stando qui vicino all'Hao". »

lunedì 28 marzo 2011

Joseph Roth

Da “La Cripta dei Cappuccini”

Dunque, anche quella sera andai al caffè Lindhammer e mi comportai come se non fossi affatto eccitato come gli altri. Non mi consideravo forse da tempo ormai, da quando ero tornato dalla guerra, uno che era vivo per errore? Non mi ero forse abituato ormai da lungo tempo a osservare tutti gli avvenimenti che i giornali definiscono “storici” con lo sguardo spassionato di uno che non appartiene più a questo mondo? Era già un bel pezzo che la morte mi aveva mandato in congedo a tempo indeterminato! Ed essa, la morte, a ogni istante poteva interrompere il mio congedo. Come potevano riguardarmi ancora le cose di questo mondo?...
Tuttavia mi preoccupavano e specialmente quel venerdì. Fu come se si trattasse di decidere se io, un pensionato dalla vita, potevo continuare a consumare in pace la mia pensione, come fino ad allora, in una pace amara; o se anche questa mi doveva essere tolta, questa povera pace amara: la rinuncia si potrebbe dire, che io ero avvezzo a chiamare “pace”. Così che, spesso negli ultimi anni quando l’uno o l’altro dei miei amici veniva da me per dirmi che era finalmente arrivato il momento che io mi occupassi della storia del nostro paese, dicevo, certo, la solita frase: «Lasciatemi in pace!», ma sapevo benissimo che in realtà avrei voluto dire: «Lasciatemi alla mia rinuncia!». La mia cara rinuncia! Anche quella adesso è perduta! Ha preso la via dei miei desideri rimasti inappagati…
Andai dunque a sedermi al caffè e mentre gli amici al mio tavolo continuavano a parlare delle loro faccende private, io, che per un destino non meno inesorabile che clemente vedevo esclusa ogni possibilità di un mio interesse privato, sentivo ormai solo quello generale, che in vita mia mi era importato così poco, che in vita mia ero stato solito sfuggire…
Erano settimane ormai che non leggevo più un giornale e i discorsi dei miei amici che sembravano vivere dei giornali, addirittura essere tenuti in vita da notizie e dicerie, erano al mio orecchio un mormorio fuggevole che lasciava il tempo che trovava, come le onde del Danubio se qualche volta restavo seduto sul lungofiume Franz-Joseph o sulla Elisabeth-Promenade. Io ero escluso; escluso ero. Escluso in mezzo ai vivi significa qualcosa come: extraterritoriale. Ero appunto un extraterritoriale in mezzo ai vivi.
E anche l’eccitazione dei miei amici, quello stesso venerdì sera, mi sembrò di troppo; fino al momento in cui la porta del caffè fu spalancata e sulla soglia apparve un giovane stranamente abbigliato. Portava gambali neri di cuoio, una camicia bianca e un tipo di berretto militare che mi faceva pensare insieme a un vaso da notte e a una caricatura dei nostri vecchi berretti austriaci; insomma: non era neanche un copricapo prussiano (perché i prussiani non portano in testa né cappelli né berretti, bensì copricapi). Io, lontano dal mondo e dall’inferno che per me rappresentava, non ero affatto idoneo a distinguere i nuovi berretti e le nuove uniformi, tanto meno a riconoscerli. Ci potevano essere camicie bianche, azzurre, verdi e rosse; calzoni neri, marroni, verdi, azzurro-lacca; stivali e speroni, foderi e cinghie e cinture e pugnali e guaine di ogni tipo: io, a ogni buon conto, io avevo deciso per quanto mi riguardava, da tempo ormai, fin da quando ero tornato dalla guerra, di non distinguerli e di non riconoscerli. Perciò sulle prime fui più sorpreso dei miei amici per l’apparizione di questa figura, che era come salita dalla toeletta giù nello scantinato e che invece era entrata dalla porta di strada. Per qualche secondo avevo realmente creduto che la toeletta dello scantinato, a me pur ben nota, a un tratto si trovasse fuori e che uno degli inservienti fosse entrato per annunciarci che tutti i posti erano già occupati. Ma l’uomo disse: «Compatrioti! Il governo è caduto. Abbiamo un nuovo governo popolare tedesco!».
Da quando ero rimpatriato dalla guerra mondiale, rimpatriato in un paese pieno di rughe, mai avevo avuto fiducia in un governo: figuriamoci poi, in un governo popolare. Io appartengo ancora oggi – nell’imminenza della mia probabile ultima ora, io, un uomo, posso dire la verità – a un mondo palesemente tramontato, nel quale pareva naturale che un popolo venisse governato e che dunque, se non voleva cessare di essere popolo, non poteva governarsi da solo. Ai miei orecchi sordi – spesso avevo sentito che li chiamavano “reazionari” – suonò come se una donna amata mi avesse detto che non aveva affatto bisogno di me, che poteva fare l’amore con sé sola, e che anzi doveva farlo, e invero al solo scopo di avere un bambino.

domenica 23 gennaio 2011

Insonnia

Insonnia dovuta all'amarezza,
guardando i miei fratelli allontanarsi sempre più.

Inconsapevoli di esser persi, cercano un perdono,
un perdono per qualcosa che non sanno di aver fatto.

Non hanno fatto nulla.
Probabilmente è questo che li turba.
Probabilmente è questo che mi turba.

La staticità è sinonimo di morte prematura,
e vedo scheletri camminarmi affianco.

venerdì 21 gennaio 2011

Il potere della scelta

Inculcare le proprie idee e i propri valori al fine di dominare su un territorio.
Ci hanno insegnato che questa strategia è usata da dittatori, da chi governa un regime.

Ora, come in gran parte delle nazioni europee, viviamo in democrazia. Certo, potere al popolo.
Un popolo che però sceglie da chi farsi governare, un popolo libero di scegliere, ed è strano quanto la libertà di scelta sia così tanto acclamata in democrazia. Sembra che questa sia l'unica libertà data all'uomo, come se fosse un dono venuto dall'alto del quale possiamo solo ringraziare e non contestare. "Ringraziare chi?" vi starete giustamente chiedendo. C'è chi ringrazia Dio, chi i partigiani e c'è poi chi ringrazia la guerra e la miseria che "ce lo hanno fatto capire con le cattive".
Il fatto è che l'uomo ha sempre voluto fare le cose in grande. La maggioranza degli italiani domina sulla minoranza. Troviamo infatti chi domina moralmente una nazione anche nella tanto amata democrazia.

Spingiamoci oltre la democrazia, parliamo della democrazia attuale che non ha niente a che fare con quella che tutti noi conosciamo. Parliamo di elezioni truccate, cioè di quale partito politico fa comodo alle lobby, agli imprenditori, a chi ha i soldi e questi ultimi pagano per controllare il partito e di conseguenza la nazione. Ormai i soldi dominano su tutto, questo spiega che la democrazia non sarà mai tale se il sistema economico di una nazione si basa sul capitalismo.
Lasciamo perdere anche il comunismo a questo punto, visto che si tratta comunque di un governo centralizzato che ha il controllo totale sui beni della nazione e che finirebbe per dominarla.

Sappiamo benissimo che siamo in grado di scegliere quindi concentriamoci su cosa è meglio per tutti, impariamo a scegliere cosa è meglio per noi, impariamo a scegliere con la logica. Semplicemente riprendiamoci il controllo delle nostre vite, senza ricadere nello sbaglio di definirci parte della società. Scegliamo di essere individui che collaborano tra loro. Scegliamo la conoscenza per evitare gli sbagli del passato, scegliamo la natura come modello di vita visto che siamo degli animali, ma sopratutto scegliamo di cambiare ciò che ci circonda, perchè questo porterebbe alla collaborazione tra i comuni, e la conseguenza sarebbe inevitabile cioè la collaborazione mondiale.
Inutile è quindi pensare e agire in grande.

giovedì 20 gennaio 2011

Tutto questo non è reale

Quanto fa ridere l'inutilità della vita!
È una cosa così stupida vivere eppur nessuno ha ancora capito come farlo.
Provo amore per l'odio, perchè in fondo sono una cosa unica,
può essere il tutto come il nulla.
L'equilibrio fa da analgesico alla mia testa folta di idee,
come quando un mal di testa ti ricorda che "è tutto nella tua testa",
così la vita ti ricorda che devi sparire, svanire, un giorno non ci sarai e che ne sai se ritornerai?
Poniti domande, le risposte saranno dietro le scritte di tutti i libri che leggerai.
Ora pensa di non saper niente, ed è vero che non sai, come è vero che niente è vero.
Tutto questo non è reale.

L'avverso e il diverso.

Parole trasportate dal vento,
si trasformano poi in versi impercettibili,
quasi lingue straniere, o linguaggi animali.
La tua diversità si può avvicinare alla mia,
ma rimarrà tale come la diversità tra i nostri occhi.
Che fare riguardo a questo?
Imporre il proprio ego o semplicemente condividerlo?
Eppur è ancora questa la difficoltà che turba l'uomo moderno.